È la notte tra il 18 e il 19 aprile 2015, a circa 70 miglia a nord delle coste libiche (110 miglia a sud di Lampedusa) un natante di circa 20 metri imbarca acqua e sta per naufragare. Da un satellitare Thuraya parte una telefonata che lancia l’SOS: "Siamo in navigazione, aiutateci". Alla vista dell’arrivo del King Jacob, un portacontainer battente bandiera portoghese, molti degli oltre 900 migranti stipati fino all’inverosimile nel barcone, cercano di guadagnarne il ponte spostandosi tutti da un lato. I forti sommovimenti della massa di profughi a bordo, provocano il ribaltamento della barca: alle tante persone già morte nella stiva, si aggiungeranno quelle che finiscono in acqua e affogano. Alla fine si salveranno solo 28 persone. I primi dati parleranno di almeno 700 tra morti e dispersi in mare. Ma è un calcolo aggiornato per difetto. Il naufragio passerà agli atti come la più grave tragedia post-bellica consumatasi nel Mediterraneo.

Il penoso successivo computo delle salme, l'organizzazione dell'accoglienza e dell'identificazione dei superstiti, faranno emergere ancora più nitidamente un dato che fa luce su un fenomeno in costante evoluzione in Italia: oltre 50 di quei poveri migranti, sono minori. Soli. Adolescenti, giovanissimi, talvolta bambini dall'età a una cifra, che per guerre, persecuzioni, carestie, povertà, lasciano famiglie e paesi alla volta dell'Europa scortati da traghettatori senza scrupoli pagati profumatamente, al soldo di mafie trasnazionali.

Fino a qualche anno fa il fenomeno dei migranti minorenni giunti sul nostro suolo senza l’accompagnamento di un genitore, un parente, un adulto di riferimento, faceva registrare una costante ascesa senza mai però raggiungere livelli allarmanti. A partire dal 2011, con lo scoppio delle Primavere Arabe e, in modo ancora più perentorio dal 2013 in poi, la realtà è drasticamente cambiata. Negli anni tra il 2013  e il 2015 gli arrivi di minori stranieri non accompagnati in Italia sono aumentati del 100%, giungendo a superare la cifra di 15 mila. Da dove vengono questi bambini Ulisse? Che storie hanno? Perché partono? Cosa gli succede durante il viaggio? Come risponde il nostro paese a questa emergenza umanitaria? Quali sono le legislazioni che regolano l'accoglienza? Che uomini e donne diventeranno? Che apporto possono portare ai Paesi che li ricevono? 'Il Bagaglio' è un tentativo umano prima che giornalistico di dare risposte a queste domande attraverso due approcci. Il primo, quello della narrazione, racconta l'incredibile storia di Keita, un ragazzino di appena tredici anni che assiste alla morte dei propri genitori uccisi dalla guerra civile in Costa D'Avorio e, rimasto solo, decide di lasciare la casa distrutta dai bombardamenti. Analfabeta, senza soldi, ignaro dei principi minimali della geografia, si accoda a un gruppo di profughi che lasciano a piedi il paese terrorizzati dal conflitto, unico membro senza famiglia della misera carovana. Passerà una serie infinita di Paesi, montagne, deserti, mari e situazioni, conoscerà uomini cattivi e crudeli, farà amicizia con ragazzi, uomini e donne teneri come lui, toccherà con mano le fiamme dell'inferno, vedrà con i suoi occhi scuri l'abiezione del mondo, resistendo come farebbe un eroe delle mitologie. Il secondo, quello dell'inchiesta, attraverso dati, analisi, e interviste a minori non accompagnati, operatori, esperti, forze di polizia, organismi di accoglienza e identificazione, offre una fotografia d’insieme che aiuta a inquadrare il fenomeno e incoraggia un sano dibattito.  


Il bagaglio. Storie e numeri del fenomeno dei migranti minori non accompagnati

Albeggi Edizioni
Roma, settembre 2018

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© Luca Attanasio 2020
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